venerdì 11 dicembre 2009

“Osservando la colomba eucaristica … riflessioni sull’avvento” Tiglieto 22 Novembre 2009



Il fervore di San Bernardo sull’avvento parte da quel versetto dei salmi che è illustrato con il columbarium eucaristico presente nell’abbazia di Tiglieto, “Mentre voi dormite tra gli ulivi, splendono le ali d’argento della colomba, le sue piume dai riflessi d’oro” salmo 67 versetto 18.
La prima ala della colomba è paragonata all’avvento di Cristo nella storia a Natale, proprio per celebrare questa considerazione dalla prima domenica di avvento in convento si recita cantato “A te innalzo i miei occhi vieni Signore in mio aiuto”.
Vieni Signore nella storia, il primo avvento nella storia è l’incarnazione, il verbo eterno che è Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, si incarna nel ventre della Madonna, questo abbassamento di Gesù fino a noi, di Dio che per amore dell’uomo, che lo ha lasciato, si fa uno di noi.
Un amore profondo porta a fare qualunque cosa, quando si ama sul serio si è pronti a sacrificare tutto e questo sacrificio non pesa, se riusciamo a dimostrare alla persona che amiamo e magari ci riama la profondità di questo amore, qualcuno dei sacrifici fatti, siamo le persone più felici del mondo.
Così, se l’amore umano che è imperfetto, da’ questi risultati, si provi a pensare all’amore divino per la sua creatura, creatura che gli ha voltato le spalle.
E’ questo Amore che spinge il Padre a donare all’uomo la realtà più preziosa che ha, suo Figlio Gesù, il “suo Figlio prediletto”.
Ma se consegna Gesù sapendo che verrà crocifisso è forse un cattivo padre? Il Signore non è un despota che fa soffrire il figlio perché non vuol far soffrire la sua creatura, è per dimostrare fino a che punto ama la sua creatura, che dona suo figlio.
Con l’incarnazione contempliamo questo amore , questo dono del Figlio nella potenza dello Spirito Santo. Anche se la salvezza l’attribuiamo al Figlio, la creazione al Padre, la santificazione allo Spirito Santo, si manifestano sempre le tre persone, anche nella creazione c’è questo triplice intervento il Padre nel Figlio, attraverso la parola che è il suo verbo e che da la vita, attraverso il suo spirito che si libra sulle acque; nell’incarnazione il Figlio si incarna ma è lo Spirito Santo che prende possesso del grembo della Vergine Maria ,che con la sua umiltà contribuisce a conferire natura umana a Gesù, veramente figlio di Dio e figlio di Maria.
Conoscendo, infatti, quali sono i meccanismi che sottendono alla creazione della vita umana, si capisce come Gesù sia vero Dio e vero uomo, in tutto il suo essere e in tutte le sue cellule.
Ma c’ è un altro avvento ed è la seconda ala della colomba che rappresenta l’avvento di Gesù alla fine della storia, che si affianca all’avvento di Gesù nella storia.
E’ in questa luce, che la Chiesa raccomanda la vigilanza, per la fine di un mondo che non si sa esattamente quando sarà, una fine del mondo che per noi coincide con la fine della nostra vita.
Quando cessiamo di vivere nel tempo, e si passa la soglia della morte, secondo la teologia contemporanea avvengono già lì il giudizio particolare e il giudizio universale perché la persona entrando nell’eternità ritrova il suo corpo e il suo spirito.
Il momento in cui vi sarà il passaggio è ignoto a tutti, nessuno lo sa neppure gli angeli e il Figlio.
Abbiamo come un usufrutto della vita dal momento della nascita fino al momento della morte, momenti decisi da Dio, che non possiamo conoscere.
Quando, però, la vita è nelle nostre mani noi possiamo modificarla, con una vigilanza non paurosa, ma una vigilanza amorosa, che renda evidente un’attesa attiva, per noi che crediamo la morte non è altro che una porta che si apre sulla vera vita. Perché questa ,seppur bella e intensa è solo un assaggio.
Se siamo in grado di gradire e usare bene questo tempo, il Signore ha riservato per noi ben più grandi cose, il senso dell’attesa è proprio questo.
Infatti, Giovanni alla fine dell’Apocalisse, dirà che, cantano insieme lo Spirito e la Sposa ai piedi dello Sposo Gesù, la Sposa che attende lo Sposo, lo Spirito che mette sulla bocca dei presenti l’ inno “Vieni Signore Gesù”..nella nostra vita, non solo nel momento della morte.
C’è un ritornello che si ripete nell’Antico Testamento ma anche nell’Apocalisse, “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine, Colui che è, che era e che viene”, non che sarà, è eterno come il padre, è entrato nel tempo e questo ingresso di Gesù nel tempo è anche nella vita di ciascuno di noi, nell’esistenza concreta di ciascuno, creando un avanti Cristo e un dopo Cristo nella vita di ognuno, facendo sperimentare la conversione, cambiando totalmente il modo di pensare.
Tra la prima ala, Gesù nella storia, e la seconda ala, Gesù alla fine della storia, c’è l’eucarestia, che è l’avvento di Gesù nell’oggi, nel tempo, questo unirsi della Sua persona alla nostra persona, questo avvento di Gesù nella eucarestia e nella storia collega il primo avvento all’ultimo”Egli è qui per te”perché nel sacramento dell’eucarestia, Gesù rinnova per te i momenti della sua passione, morte e resurrezione, nell’attesa della sua venuta.
Nella vita di tutti i giorni è necessario ripetere ,rinnovare i misteri di Gesù, come se li vivessimo oggi,.
Aiutati dall’anno liturgico si ripetono questi eventi non come commemorazione ma come memoriale, lo Spirito Santo sa abolire la via dello spazio e del tempo per immergerti totalmente nella storia ed ecco che nei giorni più importanti dell’anno non c’è solo una coincidenza generica , il 25 dicembre i pagani festeggiavano il sole, perché il giorni inizia ad esser più luminoso, il sole per i cristiano è Cristo e allora si fissa quella data per i memoriale della sua nascita, mentre l’avvenimento più importante la Pasqua coincide persino, con gli avvenimenti del passato, a giorni e a ore: la domenica delle Palme si ripete l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, il giovedì santo si celebra l’ultima cena alla sera, il venerdì santo la passione di Gesù alle tre, la notte del sabato la veglia pasquale in attesa della resurrezione. Una chiesa che insegna al cristiano facendo fare delle esperienze.
Questo per dire che l’avvento del Signore è per noi e quindi l’attesa deve essere una condizione dell’esistere, anche di fronte alle situazioni più dolorose, soprattutto perché è nel dolore e nella persecuzione che la Chiesa viva ha trovato la sua forza, mentre nell’agio e nell’abitudine si assiste all’allontanamento e al raffreddamento del fervore.
oggi, si assiste ad una stanchezza cristiana, non aiutata da una società che spesso lascia liberi di credere, ma emargina, permettendo che la comunicazione sociale disegni il credente come lo sprovveduto, non in grado di essere demiurgo della sua vita, presentando un eroe quasi mai religioso, che si fa giustizia da solo, i suoi diritti in autonomia.
La condizione vera dell’essere oggi cristiano è di dare la vita fino in fondo, sia pagando con la propria vita quello in cui si crede, ma anche, in modo meno cruento, cercando di essere controcorrente, combattendo quei valori che appaiono essere contrari all’insegnamento di Cristo, ai quali, però, spesso ci si lascia andare.
E’, quindi necessaria questa vigilanza amorosa dell’avvento, questo accogliere Gesù che viene nella nostra vita, aspettare facendo, vivendo concretamente i misteri di Cristo e soprattutto realizzare una vera conversione.
Una conversione intesa Dantescamente come una discesa negli inferi del nostro io, chiamando i nostri limiti e i nostri peccati per quello che sono, un’estrema sincerità ed una estrema conoscenza di noi stessi, dei nostri sentimenti, dei nostri atteggiamenti.
Una volta riconosciuti chi siamo, che non si può fare senza una Grazia particolare del Signore, dobbiamo specchiarci in Cristo per vedere se i nostri sentimenti, i nostri atteggiamenti , il nostro essere, concorda o discorda con l’essere, i sentimenti, l’atteggiamento di Cristo: questa è sia una discesa agli inferi ma anche una purificazione. Se io ho il coraggio di strappare da me tutte le cose contrarie a Cristo e sostituirle con i suoi sentimenti , io sono già in Paradiso, perché non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me.
Ci vuole tutta una vita per una conversione autentica: non è il momento di passaggio dall’incredulità alla fede, ma è l’assimilarci a Gesù, che si rende possibile perché si è fatto uno come noi.
La vera conversione è assumere i sentimenti, gli atteggiamenti e tutti i modi di fare che Cristo avrebbe se fosse me ne mio tempo e con l’avvento nell’eucarestia si ha il momento più alto di questa unione, Gesù stesso diventa me ed io divento lui, quando mi unisco al suo Corpo e al suo Spirito.

Il Segretario - Francesca Craviotto

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