lunedì 3 maggio 2010

Scienza e religione sono incompatibili? " Con meraviglia di fronte alla realtà" di Marco Damonte secondo premio Fondazione Prof. Paolo Erede

La risposta di un varazzino all’interrogativo della Fondazione Paolo Erede

Scienza e religione sono incompatibili?

Per il terzo anno consecutivo la Fondazione Prof. Paolo Michele Erede, con sede a Genova, ha bandito un concorso con l’intento di far riflettere giovani studiosi su un argomento d’attualità. Quest’anno il tema è atato posto sottoforma di domanda: scienza e religione sono incompatibili? Tra i partecipanti anche Marco Damonte, nostro tesoriere, che ha inviato uno scritto dal titolo Con meraviglia di fronte alla realtà, meritandosi così il secondo premio. Abbiamo incontrato il neo-Dottore di ricerca in Filosofia (ha discusso la sua tesi di Dottorato lo scorso 31 marzo) per cercare di capire il succo delle sue riflessioni, certi che i suoi “titoli” gli abbiano agevolato il compito.

M.D. Quasi il contrario, invece! La ricerca accademica rischia di chiudere in una specie di ghetto per iniziati, con un linguaggio incomprensibile e con troppi elementi dati per scontato. Il concorso a cui ho partecipato, al contrario, chiedeva di usare un linguaggio accessibile e divulgativo: ciò non è sempre facile se si vuole evitare di essere banali o ripetere luoghi comuni.

T.M. Domanda secca: dunque scienza e religione sono incompatibili?

M.D. Risposta secca: ho cercato di sostenere una risposta negativa, mostrando come tra religione e scienza, nonostante alcuni attriti, ci siano punti di contatto e convergenze. L’una senza l’altra perde qualcosa e non ci guadagna nulla. Una scienza che si ritenesse autosufficiente, al pari di una religione che mettesse in ridicolo le conquiste della scienza, sarebbe come Polifemo: un gigante con un occhio solo; un faro incapace di cogliere la profondità e le sfacettature del reale.

T.M. Ma la scienza non ha bisogno della religione!

M.D. Senza una dimensione religiosa, intesa quale apertura all’assoluto, all’infinito, o semplicemente come desiderio di conoscere la realtà nella sua totalità e nella sua verità più profonda, la scienza rischia di torcersi su se stessa e diventare tecnologia a servizio dell’economia. Quando la scienza si fa arrogante e vuole dominare il mondo i disastri sono alle porte: si pensi, come unico esempio, all’inquinamento. Ma soprattutto, una rivelazione come quella biblica è un incoraggiamento al lavoro della scienza. Essa presenta un mondo creato da un Dio intelligente secondo un ordine razionale che l’uomo ha la capacità di indagare, essendo stato creato a immagine e somiglianza di Dio stesso.

T.M. Anche la religione trae vantaggi dalla scienza?

M.D. Direi proprio di sì. Il rischio di fondamentalismo, cioè di interpretare le scritture alla lettera e non quale messaggio rivelato, è sempre presente e la scienza ci aiuta a starne alla larga.

T.M. Non è però questo il pensiero prevalente oggi.

M.D. Sicuramente no: siamo immersi in una cultura scientista, dove si pensa che la scienza prima o poi risolverà tutti i problemi. La scienza, in primis la medicina, ci ha aiutato e ci permette di vivere meglio. Ma da sola la scienza è “cieca”, deve trovare il suo scopo e il suo senso da qualche altra parte.

T.M. E’ opinione corrente che il rapporto tra scienza e fede sia conflittuale: bioetica, caso Galileo contrapposizione tra evoluzione e creazione…

M.D. Sono proprio i tre cavalli di battaglia dello scientismo. Ma basta ricordare che appartenenti alla gerarchia cattolica hanno promosso lo sviluppo scientifico e si sono impegnati in esso, ad esempio il Beato Nicolò Steno, vescovo e padre della geologia, il monaco Gregor Mendel scopritore delle leggi della genetica, il chierico Nicolò Copernico che ha proposto la teoria eliocentrica e il sacerdote Georges Lemaître, pionieristico fautore della teoria del Big Bang; o infine che la scienza moderna sarebbe probabilmente nata in occidente proprio grazie alla de-sacralizzazione della natura e al concetto di laicità legati alla rivelazione cristiana.

T.M. Niente conflittualità, dunque?

M.D. Direi proprio di no, anzitutto perché scienza e fede sono due modi distinti di indagare il mondo. Ciascuno legittimo nel proprio ambito. La prima è tutta protesa a descrivere e fornire modelli esplicativi di realtà particolari; la seconda si impegna a fornire un sistema interpretativo globale sul mondo della vita. Nel porsi di fronte allo stesso evento, queste due impostazioni mostrano la loro differenza e la loro complementarità. Quando una persona si innamora tende a descrivere il suo stato come desiderio proteso verso l’altra persona, capacità di interagire con essa, di donarsi, di accettare e farsi accettare, ma troverebbe inutile soffermarsi sugli impulsi sinaptici, sui livelli ormonali del suo fisico e sulle reazioni chimiche che avvengono inconsapevolmente nel suo organismo. Per forzare ancora questa distinzione potremmo affermare che la scienza si occupa del come avvengono le cose, mentre la religione si occupa del perché avvengono.

T.M. Dall’opposizione alla distinzione… c’è forse qualcosa di più?

M.D. Certamente. Parlerei senz’altro di complementarietà: potremmo dire che l’una funziona da istanza critica per l’altra e viceversa. Senza scienza, la religione corre il pericolo di avvallare la superstizione. La religione, grazie alla scienza, può imparare la bellezza dei fenomeni naturali che Dio ha creato e ha voluto che l’uomo potesse scoprire con le facoltà da Lui donategli.

T.M. Quando due cose sono complementari, vuol dire cha hanno dei punti in comune, ma questo non centrasta forse con la distinzione posta sopra tra religione e scienza?

M.D. Gli ambiti disciplinari restano distinti, ciò che è in comune è un atteggiamento nei confronti della realtà. Sia la religione sia la scienza hanno bisogno di fede, di razionalità e di meraviglia.

T.M. Di fede?.

M.D. Lo scienziato non deve forse fidarsi della sua intelligenza fino a chiedersi chi gliel’ha data? Non deve forse fidarsi della tradizione scientifica e dei risultati conseguiti dai suoi colleghi?

T.M. Di razionalità?

M.D. Il credente non deve forse essere capace di rendere ragione della propria speraza?

T.M. Di meraiglia?

M.D. Un osservatore incapace di meraviglia vedrà solo ciò che altri hanno visto prima di lui e non potrà contribuire in alcun modo a sondare le profondità del reale. Le piccole meraviglie quotidiane rimandano alla meraviglia di fronte ai complessi fenomeni naturali e questa rinvia a sua volta alla grande meraviglia, grazie alla quale ci poniamo le domande religiose: la meraviglia che il mondo esista, che vi sia qualcosa anziché il nulla, che possa essere visto come un miracolo. Lo scrittore inglese Chesterton ammoniva: il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia. La brutalità del capo chino soltanto su interessi immediati, sulle banalità o sulle cose da possedere, spegne la stessa vita dell’anima.

T.M. Ma oggi abbiamo ancora questa capacità di stupirci?

M.D. Nella nostra società l’urgente sembra aver preso il posto dell’importante; l’abitudine, dello stupore; l’assuefazione, della meraviglia; il desiderio di possesso, della fatica della conquista; il consumo, dell’ ammirazione; l’uti, del frui; l’amore erotico, dell’amore agapico. Forse qualcuno di questi fattori o addirittura la loro compresenza hanno causato tanto l’allontanamento dalle Chiese, quanto quello dalle facoltà scientifiche. Entrambe si sono svuotate e sono state sostituite da surrogati quali un vago spiritualismo irrazionale e una bulimia tecnologica. L’allontanamento dalla religione istituzionale non ha avvicinato alla scienza, ma alla New Age, agli estremismi e ha incrementato il ricorso a sedicenti maghi. Solo la meraviglia porta alla contemplazione.

T.M. Una battuta per concludere.

M.D. Accanto alla soluzione dei problemi posti dalla scienza, bisogna dare ascolto ai problemi che per l’uomo sono esistenzialmente più urgenti. Il tutto dei problemi che la ragione umana può porsi e può indagare non si riduce agli interrogativi a cui le scienze aspirano a dare risposta. Ciò di cui abbiamo urgente bisogno è di restare liberi per farci devoti ad una causa che vada oltre l’individualismo, lontano dall’opinione. Solo così avremo ancora grandi scienziati e grandi maestri di spiritualità.

T.M. Un punto di vista originale, ma non so se tutti sarebbero d’accordo…

M.D. Il mio scopo è quello di offrire spunti di riflessione, non pretendo l’assenso di chiunque.

T.M. Altri spunti, immagino, saranno offerti durante la cerimonia di premiazione che si terrà venerdì 14 maggio 2010 alle ore 17:30 a Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova in Via Garibaldi 9. Colgo l’occasione per invitare i lettori.

M.D. Grazie per l’attenzione; conto sul “sostegno varazzino”. Ad ogni buon conto …seguirà rinfresco!

Tommaso Metonda

SU INTERNET SONO DISPONIBILI ULTERIORI NOTIZIE E IMMAGINI AL SITO www.fondazione-erede.org

2 commenti:

  1. Consiglio di visitare il sito www.mednat.org alla voce Religione + Nuova scienza per trovare la soluzione al dilemma.
    Buona lettura

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  2. Caro Paolo G.,
    ringrazio per l'intervento. Sono andato a cercare il sito: pensavo di trovare alcune riflessioni puntuali, invece ho trovato un fiume in piena dal quale sono rimasto travolto!
    Si mescolano medicina, rimedi naturali, riflessioni filosofiche, religiose, teologiche, ricostruzioni storiche, fantapolitica.
    Sinceramente mi sembra poco attendibile, anche se, essendoci di tutto, alcune cose sono pure condivisibili.

    A presto,

    Marco D.

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