mercoledì 11 agosto 2010

Jalla, seminaristi !

Jalla, Beit Jala! Era il titolo apparso su questo mensile esattamente quattro anni fa, quando erano stati ospiti della Città di Varazze 33 scout di etnia araba e religione cristiana della città di Beit Jala, con cui la città rivierasca è gemellata da diversi anni. Le iniziative legate a questo gemellaggio continuano con costanza, come di tanto in tanto appare anche dalle colonne della stampa locale: annunci di viaggi, resoconti di pellegrinaggi, interviste, raccolte di fondi… Luglio 2010 ha segnato una nuova, importante tappa dell’amicizia con i cristiani di Terra Santa. Da sabato 10 a lunedì 12 luglio sono stati infatti accolti un gruppo di seminaristi del seminario maggiore, l’unico seminario del Patriarcato Latino di Gerusalemme, fondato con lungimiranza dall’oriundo alpicellino Mons. Vallerga a metà del XIX secolo. Proprio questa circostanza ha spinto i seminaristi, durante un pellegrinaggio in Italia, che ha visto tra le altre tappe Roma, Firenze e Torino, a fermarsi nella nostra città, in questo periodo un po’ distratta dai “bagnanti”, ma non per questo meno ospitale. Potremmo darvi un resoconto più o meno dettagliato delle tre giornate trascorse a Varazze, della rinnovata sinergia tra le diverse associazioni per l’occasione; potremmo ricordare i momenti conviviali all’Oratorio Salesiano, nella sede degli alpini, nel giardino della canonica, nel ricevimento organizzato dal Comune, in piazza ad Alpicella, in spiaggia; potremmo descrivere la loro emozione nell’aver toccato per la prima volta il l’acqua salata del mare o nell’aver osservato alcuni nostri comportamenti occidentali...; ma forse è opportuno ricordare altri aspetti della loro permanenza. Quale il senso profondo? L’obiettivo era quello di far trascorrere alcuni giorni sereni a dei seminaristi, dopo un anno di dura preparazione al sacerdozio, un sacerdozio che nelle zone della Terra Santa ha un significato particolare. Come si è potuto constatare dialogando con i ragazzi e con i sei “Abuna” (Don) che li accompagnavano, la consapevolezza di essere seminaristi nell’unico seminario Latino del Medio oriente è carica di responsabilità. Prepararsi a diventare uomini di Dio in mezzo a Ebrei e Mussulmani non è facile. In quanto di etnia araba sono spesso inviati come responsabili di comunità in zone di frontiera, dove i mussulmani li tollerano proprio in quanto arabi. Basti pensare che tra gli ex rettori e gli ex professori del seminario, molti sono stati nominati Vescovi in paesi islamici, sia del Medio Oriente, sia del Nord Africa. Si tratta poi di diventare uomini di pace in zone di conflitto, violenza, soprusi, dove il grido della giustizia deve essere sempre unito alla prudenza e la denuncia va fatta evitando ritorsioni. Il loro essere cristiani e la loro fedeltà a Roma sono vissute come appartenenze di profonda libertà. Come spesso avviene le difficoltà spronano, rendono più decisi, limano le titubanze e fanno vivere la propria specifica vocazione con la dovuta radicalità. Lo abbiamo constatato in un giovane seminarista di Beit Jala, nostro ospite quattro anni fa; lo abbiamo constatato il mese scorso in una giovane coppia di sposi in viaggio di nozze anch’essa ospite di Varazze quattro anni fa. Le loro testimonianze sono importanti per i nostri giovani che, seppur non “bamboccioni”, fanno certo fatica a scegliere, distratti dalle comodità superflue che la nostra società pro- e im-pone.
Difficile e forse inutile fare confronti tra loro e “noi”: la differenza numerica con i componenti del seminario diocesano è palese; la mancanza di un seminario minore, scontato per loro, disarmante; lo studio dei classici quali Tommaso d’Aquino per loro, distanti dalle mode, ovvio. Una metafora forse può essere d’aiuto. Se di un albero loro rappresentano le radici (la loro terra è quella scelta dal Figlio di Dio per incarnarsi) e se noi siamo i frutti di quell’albero (la cultura cristiana in Europa), forse dobbiamo ammettere con umiltà che negli ultimi decenni i frutti sono maturati molto, fino a marcire. Ma l’albero è saldo e le radici forti fanno sperare in nuovi frutti.
Insomma, è stato possibile incontrare giovani vivaci, pieni di voglia di vivere, seminaristi motivati e consapevoli….. E allora: JALLA! cioè ANDIAMO! Chi li ha accompagnati glielo ha ripetuto sovente come esortazione a proseguire una visita, ad esplorare una zona… fino a diventare un motto e un augurio. ANDIAMO insieme incontro ad un futuro migliore, da costruire anche con sacrificio.
di Marco Damonte

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